
Le alleanze
Nel 1882 gli imperi di Germania e Austria-Ungheria e del Regno d'Italia avevano firmato un patto militare chiamato la Triplice Alleanza. Il Trattato aveva natura prettamente difensiva; in sostanza ogni Stato aderente avrebbe dovuto aiutare gli altri solo in caso di attacco. La Triplice intesa fu un'intesa politica raggiunta tra Francia, Regno Unito e Impero russo nel 1907.
** Nel 1915, L'Italia si schierò con la Triplice Intesa dichiarando guerra all'Austria.
La Prima Guerra Mondiale è un conflitto tra gli Imperi centrali e gli Alleati
Gli Imperi centrali (in rosso) sono l’Austria-Ungheria, la Germania, la Bulgaria e l’Impero Ottomano. Alleati importanti (in giallo) sono la Serbia, la Russia, la Francia, il Regno Unito, l’Italia, il Belgio e gli Stati Uniti.
Le linee tratteggiate indicano i vari fronti.
Contrasto tra nazioni: Italia-Austria
Il contrasto storico tra Italia ed Austria-Ungheria risaliva all’Ottocento, al periodo del Risorgimento. Le terre del Trentino, di Trieste e Gorizia erano sotto il dominio dell'Austria.
Contrasto tra nazioni: Francia-Germania
Spirito di revanscismo (rivincita) della Francia nei confronti della Germania dopo la sconfitta francese di Sedan (1870 - Guerra franco-prussiana) e annessione dell'Alsazia e della Lorena da parte della Germania.
Contrasto tra nazioni: Inghilterra-Germania
Nell’ottica dell’incremento dei propri armamenti e dell’ampliamento del proprio impero coloniale, la Germania si era data alla creazione di una grande flotta navale che potesse competere con l’Inghilterra, da sempre dominatrice dei mari; questo fu motivo di grande attrito tra i due Paesi.
Contrasto tra nazioni: Corsa agli armamenti da parte delle più grandi nazioni d’Europa
Nel corso dell'Ottocento tutte le grandi Nazioni avevano ampliato i propri armamenti e si erano gettate alla rincorsa di un impero coloniale; questi due aspetti sono intrecciati tra di loro in quanto le grandi industrie erano favorevoli sia al proliferare degli armamenti, in quanto così ottenevano commesse statali per la produzione di armi, sia perché le spedizioni coloniali ampliavano il mercato, oltre che procurare nuove materie prime.
I Balcani polveriera d'Europa
Aspirazione al dominio sui Balcani
L’annessione della Bosnia Erzegovina da parte dell’Austria nel 1908 fece infuriare sia la Russia che la Serbia; la Serbia, sostenuta dalla Russia, voleva unificare tutti i Paesi slavi sotto di sé (come aveva fatto il Piemonte, raggiungendo l’unità d’Italia, e la Prussia, raggiungendo l’unità della Germania); la Russia voleva ottenere uno sbocco sul mare attraverso gli stretti del Bosforo e dei Dardanelli, o attraverso il Montenegro: l’indebolimento della Serbia, comunque, non le andava bene.
I Balcani polveriera d'Europa
1912/1913 - Le guerre balcaniche furono mosse contro la Turchia (Impero Ottomano) dopo che si scoprì la sua debolezza (Guerra di Libia italo-turca); la Serbia, assieme al Montenegro, alla Grecia e alla Bulgaria mossero guerra alla Turchia per l’indipendenza; durante questa guerra riuscirono a sconfiggere gli Ottomani e a prendere il sopravvento sui Balcani; dopo questa prima guerra la Bulgaria, pensando di essere piuttosto forte, mosse guerra ai suoi ex alleati, ma fu sconfitta; alla fine della seconda guerra balcanica la Serbia era divenuta molto potente, quindi Austria e Serbia in questa zona si confrontavano per la supremazia.
La causa scatenante
In seguito all'assassinio dell’arciduca Francesco Ferdinando, che era l’erede al trono dell’impero austroungarico, l'Austria inviò un ultimatum alla Serbia.
La Serbia rifiuta; accetta solo in parte l’ultimatum (rifiuta la presenza di funzionari austriaci nell’indagine sull’attentato).
Il 28 luglio 1914 l’Austria-Ungheria dichiara guerra alla Serbia.
Una lunga guerra
I comandi militari degli stati europei, e anche gran parte dell'opinione pubblica, pensavano che la guerra sarebbe stata breve. Si trattò, invece, di un conflitto di dimensioni mai viste in precedenza, che costò milioni di morti; produsse sofferenze gravissime e immense difficoltà economiche; cancellò quattro grandi e potenti imperi (Tedesco, Russo, Austriaco, Ottomano); favorì la nascita di nuove nazioni; diede inizio al declino economico dell'Europa e all'affermazione degli Stati Uniti sul piano mondiale.
Guerra tecnologica
Nuove e micidiali armi da fuoco:
- Le mitragliatrici
- Cannoni a lungo calibro
- Lanciafiamme
- Gas asfissianti
Inoltre si utilizzarono sommergibili e aerei. Gli obiettivi dei sommergibili tedeschi furono i convogli che portavano rifornimenti dagli Stati Uniti in Europa.
Fece la sua comparsa, anche se limitata, il carro armato, che divenne un'arma di grandissima importanza nella seconda guerra mondiale.
Guerra di massa: l’enorme numero dei soldati impiegati.
Guerra totale: ciascuno dei paesi belligeranti utilizzò per affrontare il conflitto la totalità delle proprie risorse umane, economiche, tecnologiche. L'esito della vittoria finale dipendeva interamente dalla capacità delle potenze coinvolte di mobilitare un maggior numero di risorse rispetto al nemico.
Guerra di movimento e guerra di posizione
La guerra di movimento, vale a dire avanzata rapida in campo nemico e, in prospettiva, la risoluzione del conflitto in tempi rapidi, caratterizzò solo l'inizio della guerra. I tedeschi furono infatti fermati sulla Marna (Francia, settembre 1914) e la guerra di movimento si trasformò in una lunghissima guerra di posizione, con gli uomini a combattersi per la conquista di poche centinaia di metri, asserragliati nelle trincee.
Le trincee erano fossati, rapidamente scavati nella terra da milioni di combattenti e protetti, nel lato che guardava il nemico, da barricate di sacchetti di sabbia, tronchi, filo di ferro spinato. Dove il terreno non permetteva scavo, si utilizzavano come fortificazioni ammassi rocciosi, mucchi di sassi. Le condizioni dei soldati erano terribili: fango, sporcizia, freddo, pulci e pidocchi. Fra trincee di opposti schieramenti si estendeva la "terra di nessuno", la cui ampiezza a volte non superava le poche decine di metri. In questo spazio si trovavano reticolati di filo spinato e mine, strumenti che avevano lo scopo di ostacolare gli attacchi dei nemici.
A lunghi periodi di stasi seguivano gli attacchi. I soldati uscivano in massa verso la trincea nemica, correndo allo scoperto sotto il fuoco delle mitragliatrici delle truppe attaccate. Numerosissimi attacchi (e successivi contrattacchi) furono sferrati nei lunghi anni di guerra, al prezzo di milioni morti, senza che la linea dei fronti mutasse in maniera significativa.
Testi e carte
2. Intro; 3. 24 maggio 1915; 4. Battaglia degli Altipiani 1916; 5. Presa di Gorizia: agosto 1916; 6. Caporetto: ottobre 1917; 7. Linea del Piave: novembre 1917; 8. Vittorio Veneto: novembre 1918; 9. 1918: Linea dell'armistizio.
Il fronte
Il fronte italiano, lungo circa 650 chilometri, si estendeva dal mare Adriatico sino al passo dello Stelvio, a confine con la Svizzera. Le regioni da esso interessate furono dunque il Trentino, il Veneto e il Friuli. Le linee difensive italiane ed austro-ungariche, che si fronteggiavano, spesso distavano poche centinaia di metri una dall’altra, soprattutto nelle zone di alta montagna.
All’inizio del conflitto i confini tra il Regno d’Italia e l’Impero asburgico erano ancora quelli stabiliti con la fine della III guerra d’Indipendenza, risalenti al 1866.
Gli Alleati chiamavano questa zona di guerra "Il fronte meridionale".
Anche su questo fronte si combatté una guerra di logoramento, con gli eserciti impegnati in una serie di assalti frontali che produssero milioni di morti e feriti; solo sul fiume Isonzo tra il 1915 e il 1917 si verificarono dodici battaglie, che l'Alto Comando definiva "spallate", volte a fiaccare la resistenza del nemico.
Per gli italiani la guerra aveva come principale finalità quella di conquistare le zone del Trentino e della Venezia Giulia, finalità sintetizzata nel motto "riscatto delle terre irredente di Trento
e Trieste".
24 maggio 1915
L’Italia entrò in guerra il 24 maggio 1915, dopo aver firmato segretamente il Patto di Londra con le potenze dell’Intesa il 26 aprile dello stesso anno. Questa decisione politica ribaltava le alleanze precedentemente strette con gli Imperi Centrali (Austria-Ungheria e Germania), stabiliti con la firma della Triplice Alleanza nel 1882 e poi ribadita più volte con nuove firme nel 1896 e nel 1908.
Questa decisione non prese del tutto alla sprovvista l’Austria-Ungheria che conosceva da tempo le mire che il Regno d’Italia aveva sulle terre del Trentino e del Friuli Venezia Giulia. Di fatto gli austro-ungarici dunque avevano già predisposto sul fronte orientale postazioni di difesa, forti e trincee. La mobilitazione italiana dell’esercito, proprio per la segretezza delle trattative politiche, avvenne con un certo ritardo, a partire dagli inizi di maggio, quando sono normalmente necessari almeno una quarantina di giorni per organizzare al meglio una campagna militare (sempre che l’esercito sia già dotato delle adeguate dotazioni belliche). Gli italiani invece difettavano di mitragliatrici e soprattutto di artiglierie pesanti.
Gli austro-ungarici alla dichiarazione di guerra risposero con il celere spostamento sul fronte italiano di alcuni contingenti di truppe, provenienti dal fronte orientale di Russia; erano soldati che conoscevano la guerra già da un anno, erano stanchi ma ben addestrati e mentalmente consapevoli e pronti al combattimento. Da parte nostra l’impreparazione e soprattutto la carenza di dotazioni belliche era evidente; ciò nonostante i primi giorni di guerra i nostri reparti avanzarono verso il fiume Isonzo e lungo i crinali di montagna, dallo Stelvio in Trentino fino alla Carnia in Friuli.
Da un memoriale dell’Alto comando austriaco questa comunque era la valutazione del nostro operare, che testimonia degli errori strategici compiuti sin dai primi giorni del conflitto: "Nella sua complessiva condotta, il nemico si mostra molto cauto, si avvicina piano piano alle posizioni ove pianta la propria artiglieria e subito si trincera sotto terra. Dal punto di vista tattico non è un procedere inetto ma strategicamente è assolutamente sconsiderato. Il momento favorevole (per una fulminea e vittoriosa avanzata) è ormai passato e nulla lo farà più tornare."
Battaglia degli Altipiani 1916
Gli austro-ungarici da diversi mesi, sin dalla fine del 1915, stavano maturando l’idea di organizzare una grande spedizione contro l’Italia; questa spedizione fu battezzata con il nome di "strafexpedition" (spedizione punitiva, per il "tradimento" della stipula del Patto di Londra, che aveva portato l’Italia ad abbandonare la Triplice Alleanza per passare dalla parte della Triplice Intesa). Il piano prevedeva un attacco in forze a partire da Trento per giungere fino a Venezia, in modo da prendere alla spalle tutte le armate italiane schierate sul fronte dell’Isonzo. Gli austro-ungarici quindi iniziarono un meticoloso studio del territorio e un lento ma continuo invio di truppe, rinforzi e approvvigionamenti nella zona degli altipiani tra la Valsugana e Asiago (a confine tra Trentino e Veneto). Diversi disertori, provenienti dalle schiere asburgiche, avevano avvertito i Comandi italiani di ciò che si stava preparando, ma da parte nostra non si diede molto credito a queste informative, considerate scarsamente attendibili.
Tra il 14 e 15 maggio ebbe inizio l’attacco con un bombardamento a tappeto sulle trincee italiane, che prese del tutto alla sprovvista i nostri schieramenti. Gli scontri videro un repentino avanzare delle truppe austro-ungariche, che concentrarono i maggiori sforzi sull’altopiano di Asiago; la città fu occupata tra il 27 e 28 maggio.La situazione bellica era assai preoccupante e la minaccia di uno sfondamento delle linee, con conseguente accerchiamento delle armate sull’Isonzo, fecero scattare l’allarme generale: arrivarono uomini da tutta Italia; furono coinvolti anche 120 battaglioni già impegnati sul fronte isontino. La controffensiva italiana ebbe successo anche grazie al contemporaneo intensificarsi degli scontri sul fronte russo; ciò costrinse gli austro-ungarici a spostare dei contingenti da questo fronte a quello orientale, indebolendo di fatto la loro azione.
Il 15 giugno il Comando austriaco ordinava il ripiegamento ponendo fine, di fatto, all’operazione. Dopo questo scampato pericolo gli Alti Comandi italiani maturarono la consapevolezza dell’importanza del fronte nella zona del Tirolo e stanziarono ben 400.000 uomini in questo settore.
Presa di Gorizia: agosto 1916
Il 1916 fu un anno di continui scontri sul fronte dell’Isonzo, con ben cinque battaglie campali da marzo a novembre.
La sesta battaglia passò alla storia come la "battaglia di Gorizia" perché al termine delle operazioni militari gli italiani riuscirono a conquistare la città, che era uno degli obiettivi primari sin dall’inizio del conflitto.La battaglia fu combattuta tra il 4 ed il 16 agosto e segnò il massimo avanzamento del nostro fronte. Gli austro-ungarici erano attestati sulle alture alle spalle di Gorizia, sul Monte Sabotino, ad Oslavia e sul Podgora; solamente un intenso utilizzo dell’artiglieria pesante ebbe la meglio sul nemico ma con ingenti perdite da entrambe le parti: 20.000 morti e 50.000 feriti per gli italiani, 40.000 morti per gli austro-ungarici.
Caporetto: ottobre 1917
Il 25 agosto 1917 era stata presa una importantissima decisione da parte del quartier generale austriaco: si doveva intraprendere un'offensiva in grande stile allo scopo di alleggerire la critica posizione delle armate austro-ungariche nella zona dell'Isonzo.
Dopo varie trattative i tedeschi inviarono le loro truppe a supporto di quelle austro-ungariche a patto che fossero loro a guidare le operazioni. Gli austriaci assunsero il compito dell'addestramento; i comandi tedeschi, infatti, esigevano un equipaggiamento abbastanza vario e, soprattutto, curato nei minimi particolari: attrezzatura da montagna, cannoni, artiglieria pesante, selle e oltre 5000 animali da soma.
A Udine, sede del Comando Supremo, da giorni si sapeva che gli austriaci stavano preparando un'offensiva, tanto che il generale Cadorna aveva ordinato di tenere controllata la testa di ponte di Tolmino, proprio vicino a Caporetto. Il 21 ottobre due soldati austro-ungarici si trascinarono carponi nelle postazioni italiane. Avevano portato con sé cartine topografiche e indicazioni sull'ora nella quale gli austriaci avrebbero attaccato, ma mancava la cosa più importante, la data dell'attacco. Queste informazioni arrivarono in poco tempo ai generali italiani, ma questi pensarono che gli austriaci avessero mandato questi due soldati con informazioni false per una azione di depistaggio; inoltre il maltempo, secondo le loro valutazioni, non era favorevole all'attacco.
In piena notte, tra il 23 ed il 24 ottobre, le truppe austro-ungariche si infiltrarono tra il filo spinato, senza che gli Italiani reagissero; i cannoni austriaci iniziarono a bombardare, anche lanciando bombe a gas. Tutti i soldati italiani erano muniti di maschere che però erano del tipo più antiquato, detto "polivalente", del tutto inadeguate. Dopo un secondo assalto la linea italiana di difesa fu completamente annientata: per precauzione i soldati degli Imperi centrali nella loro avanzata, quando trovavano delle trincee fortificate, gettavano nelle feritoie bombe a mano, per uccidere eventuali superstiti. A Udine nel frattempo, non erano giunte notizie chiare riguardo agli attacchi e non si inviarono ordini operativi. Alcuni battaglioni tedeschi avevano già raggiunto l'abitato di Caporetto, conquistandolo: esso era crocevia di passaggio sia per la pianura friulana che per la zona del basso e medio Isonzo. Il 28 ottobre, dopo appena quattro giorni di combattimento gli austro-ungarici entrarono a Udine; di fatto l’intero fronte era crollato.
Linea del Piave: novembre 1917
La gravissima sconfitta militare di Caporetto portò all'arretramento del fronte italiano di più di 200 chilometri, fino al fiume Piave, con perdita dell'intero Friuli Venezia Giulia e di tutta la zona alpina del Veneto. La disfatta ebbe dunque ripercussioni anche sul fronte più settentrionale, nonostante non fosse stato direttamente interessato: i soldati sul fronte carnico e bellunese dovettero abbandonare in gran fretta le postazioni per non essere sorpresi alle spalle.
Con la conquista austro-ungarica la popolazione friulana e veneta ebbe due sole scelte: rimanere nelle proprie case, sotto il giogo dell'occupazione straniera, o rifugiarsi al di là del Piave. Decine di migliaia di famiglie, allora, si sparpagliarono lungo la Penisola, come profughi di guerra.
Vittorio Veneto: novembre 1918
La battaglia di Vittorio Veneto segnò per l’Italia la rivincita sull’Austria-Ungheria, dopo la disfatta di Caporetto e portò alla resa dell’Impero, mettendo fine alla I Guerra Mondiale.
I
soldati italiani, attestati sulla linea del Piave, il 24 ottobre 1918, esattamente un anno dopo la battaglia di Caporetto, partirono al contrattacco, sfondano le linee nemiche; poi, dirigendosi verso nord in Valdastico, raggiunsero la cittadina di VittorioVeneto; da lì l’avanzata, che non conobbe più resistenza da parte del nemico, prese le direttive di Trento da una parte e della pianura friulana, verso l’Isonzo, dall’altra; fu più la fame e l’esaurimento delle forze a piegare gli austriaci piuttosto che la nostra potenza di fuoco, ma la guerra era stata improntata sin dall’inizio al logoramento delle forze in campo, non importava quanti morti, feriti, mutilati, invalidi e dispersi essa potesse causare.
1918: Linea dell'armistizio
Le operazioni militari si conclusero per gli italiani il 3 novembre 1918 con la riconquista di gran parte del territorio precedentemente perso durante le offensive del 1917.
La città di Trento fu raggiunta per la prima volta dall’inizio del conflitto, mentre ad est i confini vennero riportati sulla linea del fiume Isonzo, compresa la cittadina di Gorizia.Gli austro-ungarici firmarono la resa a Villa Giusti, presso Padova, il 4 novembre, mentre i tedeschi protrassero le operazioni belliche sino all’11 novembre, quando a Rethondes firmarono a loro volta l’armistizio con i francesi.
Francesco Ferdinando è assassinato a Sarajevo
A Sarajevo, capitale della Bosnia-Erzegovina, ha luogo l'avvenimento che scatena la guerra. Francesco Ferdinando, l’erede al trono dell’impero austroungarico, è assassinato da un nazionalista serbo: Gavrilo Princip. Il governo austro-ungarico trova così un motivo per reprimere il nazionalismo slavo e invadere la Serbia. L'Austria invia un ultimatum inaccettabile alla Serbia, difesa dalla Russia.
28 Giugno 1914L'Austria dichiara guerra alla Serbia
A tale situazione si arrivò dopo l’assassinio, avvenuto a Sarajevo, dell’arciduca Francesco Ferdinando, che era l’erede al trono dell’impero austroungarico.
Nell’ultimatum, stilato in quattro punti, inviato al governo serbo, si richiedeva di sciogliere tutte le organizzazioni nazionaliste, di far cessare la propaganda antiaustriaca e di ricercare e punire gli attentatori di Francesco Ferdinando.
*Ultimatum: l'intimazione attraverso la quale uno Stato comunica ad un altro le proprie ultime proposte e le proprie condizioni irrevocabili fissando una data di scadenza oltre la quale le trattative saranno rotte, in genere mediante il ricorso alla forza.
Nell’ultimatum, stilato in quattro punti, inviato al governo serbo, si richiedeva di sciogliere tutte le organizzazioni nazionaliste, di far cessare la propaganda antiaustriaca e di ricercare e punire gli attentatori di Francesco Ferdinando; a queste richieste si aggiunse quella di far partecipare funzionari austriaci all’indagine sull’attentato. Quest'ultimo punto era chiaramente provocatorio perché prevedeva una ingerenza nella politica interna della Serbia. Tutte le condizioni imposte furono soddisfatte, ma non l'ultima, con la conseguente aggressione da parte dell'Austria alla Serbia. Aveva inizio la Prima Guerra Mondiale che, secondo le previsioni degli alti comandi Austriaci e Tedeschi, sarebbe dovuta essere breve e limitata a questa zona d’Europa; il conflitto, invece, non fu né breve né localizzato.
Poiché la Serbia non si piegò all’ultimatum, considerato da tutte le diplomazie internazionali inaccettabile, scattarono le alleanze secondo uno schema ampliamente prevedibile.
- 23 luglio 1914: Ultimatum dell’Austria alla Serbia. La Russia si schiera con la Serbia.
- 28 luglio 1914: Dichiarazione di guerra dell’Austria alla Serbia.
- 29 luglio 1914: La Russia mobilita le proprie forze armate sul confine con Austria, Ungheria e Germania. La Germania interpreta la mobilitazione RUSSA come un ATTO DI OSTILITÀ.
- 1° Agosto 1914: La Germania dichiara guerra alla Russia.
- 1° agosto 1914: La Francia – legata alla Russia da un trattato di alleanza militare – mobilita le proprie forze armate.
- 3 agosto 1914: La Germania dichiara guerra alla Francia.
- 5 agosto 1914: Dichiarazione di guerra dell’Inghilterra alla Germania, causata dall'invasione tedesca del Belgio
L'Italia non entrò immediatamente in guerra in quanto i nostri politici si resero immediatamente conto del fatto che il nostro esercito non era pronto per un conflitto; inoltre si deve tener presente che in Italia il dibattito politico era vivace e l'opinione pubblica divisa tra Neutralisti e Interventisti.
La Germania dichiara guerra alla Russia
1 Agosto 1914La Germania dichiara guerra alla Francia e invade il Belgio
I Tedeschi all’inizio del conflitto invasero il Belgio (che era neutrale) per entrare in Francia da nord. Questo piano era stato deciso già anni prima e prendeva il nome di "piano Schlieffen", dal generale che lo aveva ideato. Con questo stratagemma si potevano aggirare le truppe francesi che erano schierate sul confine con il fiume Reno, vicino all’Alsazia e alla Lorena. Il piano prevedeva di arrivare fino a Parigi in sei settimane.
3 Agosto 1914La Gran Bretagna dichiara guerra alla Germania
L'invasione tedesca del Belgio provocò l'intervento dell'Inghilterra.
4 Agosto 1914La battaglia della Marna
Dal 5 al 10 settembre 1914, i Francesi riuscirono a fermare la marcia dell’esercito tedesco verso Parigi. Il piano Schlieffen (sconfiggere rapidamente la Francia e poi concentrare la guerra sul fronte orientale) era sostanzialmente fallito. Soldati e civili degli opposti schieramenti comprendono che la guerra non si risolverà in breve tempo. Nel settembre 1914 comincia la guerra delle trincee (guerra di posizione).
Il piano Schlieffen prevedeva di arrivare fino a Parigi in sei settimane ed in effetti la strategia inizialmente funzionò tanto che le truppe tedesche guadagnarono terreno sino ad arrivare a circa 40 chilometri da Parigi. Ma il quartier generale tedesco non era soddisfatto dell’andamento del conflitto e desiderava una vittoria definitiva; il generale che comandava le armate tedesche, Helmuth Moltke, pensando di non riuscire più ad arrivare fino alla capitale, ordinò alla I Armata di retrocedere e dare appoggio alle altre Armate nel centro dello schieramento.
In questo modo i Francesi ebbero modo di riorganizzarsi: Parigi era salva (la I Armata era quella più vicina alla capitale francese). Un aereo di ricognizione francese vide le truppe tedesche ripiegare e avvertì il comando, che decise immediatamente un contrattacco.
Moltke ordinò a tutte le Armate tedesche di ritirarsi sulla difensiva sul fiume Aisne; nel frattempo i francesi fecero affluire da Parigi 10.000 uomini di rinforzo, utilizzando qualsiasi mezzo di trasporto, compresi i 670 taxi in servizio nella capitale. Da quel momento sul fronte occidentale ebbe inizio la guerra di logoramento nelle trincee, che durerà fino alla fine del conflitto; il fronte si stabilizzò e non conobbe per anni che lievi spostamenti e acquisizioni territoriali ora dall’una o dall’altra parte.
La battaglia della Marna (il nome fu dato dal fiume sul quale i due eserciti ebbero gli scontri più furiosi) fermò l’avanzare dei tedeschi; probabilmente un esito diverso di questa battaglia avrebbe potuto condizionare l’intero andamento del conflitto.
Corsa al mare - La prima battaglia di Ypres
Nel periodo settembre-novembre 1914 Francesi e Tedeschi intraprendono una serie di attacchi nel tentativo di infrangere le rispettive linee. Risalendo verso nord, approntano trincee. Nel novembre 1914, la Corsa al mare è terminata. La prima battaglia d'Ypres è scatenata dai Tedeschi con lo scopo di controllare i porti di Dunkerque e Calais, che costituiscono il collegamento con la Gran Bretagna. Ma gli inglesi resistono, l'offensiva fallisce. La guerra di movimento s'interrompe nel novembre 1914. Il fronte trincerato si estende ora per 750 km, dalle coste del Belgio alla Svizzera.
Il Fronte occidentale vide impegnati in cinque anni oltre 20 milioni di soldati; i morti furono 4 milioni e i feriti 10 milioni. Si sperimentarono nuove armi, quali i carri armati, l'aviazione, non solo per ricognizioni aeree ma anche per il bombardamento, ed i gas asfissianti. Combatterono su questo fronte tedeschi, francesi ed inglesi (inquadrati, questi ultimi, nel BEF: British Expeditionary Force), americani e soldati di altre nazionalità, provenienti anche da colonie.
La guerra assunse presto le caratteristiche di un conflitto improntato sul logoramento delle forze in campo, asserragliate nelle trincee.
Sul finire della guerra proprio sul Fronte occidentale si sperimentarono nuove tecniche di battaglia (uso coordinato di aviazione, artiglieria e fanteria motorizzata) che poi saranno adottate in pianta stabile nella seconda Guerra Mondiale.
Tra i milioni di soldati che su questo fronte prestarono servizio vi fu anche lo scrittore tedesco Erich Maria Remarque. Nel 1929 egli pubblicò un romanzo che ebbe notevole successo per il realismo con cui descrisse la vita e la morte sul fronte di guerra. Il romanzo si intitola "Niente di nuovo sul Fronte Occidentale".
La tregua di Natale
Il 25 dicembre 1914, a Frelinghien, un villaggio francese alla frontiera con il Belgio, dei canti di Natale si alzarono dalle trincee. Per qualche ora, i soldati inglesi del Royal Welsh Fusiller e i tedeschi del 4° Battaglione Jager si scambiarono del cibo e della birra. Insieme organizzarono un incontro di calcio, da tenersi il giorno dopo nella "terra di nessuno". Per un breve tempo l'orrore della guerra fu allontanato. Purtroppo queste fraternizzazioni, che si verificarono in questo periodo in altri luoghi del Fronte occidentale, furono, nel contesto della guerra, marginali, ancorchè altamente significative. Del resto i comandi supremi le condannarono e fecero in modo che mai più si ripetessero in futuro. Nel 2005, Christian Carion ha scritto e diretto un film, "Joyeux Noël", che si ispira a questo straordinario episodio. Nel video, la canzone che fa da colonna sonora al film: "Hymne des fraternisés" (Inno delle fraternizzazioni, o di coloro che hanno fraternizzato).
Comincia la seconda battaglia d'Ypres
La battaglia di Ypres, combattuta nell'aprile del 1915, divenne tristemente famosa perché per la prima volta i tedeschi utilizzarono i gas asfissianti. I gas utilizzati durante la 1^ Guerra mondiale furono di 4 tipi: i lacrimogeni, gli starnutenti, gli irritanti dell'apparato respiratorio e gli ulceranti. Tutti gli eserciti ne fecero uso. Proprio in quanto Ypres fu il teatro del primo utilizzo delle armi chimiche, in seguito si diede il nome di iprite a tale gas, conosciuto anche con il nome di gas mostarda per il suo odore intenso.
22 Aprile 1915La campagna di Gallipoli
La campagna di Gallipoli fu un'offensiva militare intrapresa da Francia e Inghiliterra per forzare lo stretto dei Dardanelli , occupare Costantinopoli e costringere l'Impero Ottomano, entrato in guerra il 1° novembre 1914 a fianco delle Potenze Centrali, ad uscire dal conflitto. Il controllo degli Stretti avrebbe consentito all'alleato russo il libero accesso al bacino del Mediterraneo dai suoi porti del Mar Nero, inoltre avrebbe accelerato la fine della guerra, dal momento che le Potenze Centrali si sarebbero trovate circondate da ogni parte, a ovest, est e sud. Ma questi obiettivi non furono raggiunti, e il fallimento costò al corpo di spedizione alleato circa 250.000 morti e feriti.
Da nord a sud: Mar Nero, Costantinopoli, Mar di Marmara, Çanakkale (città sullo Stretto dei Dardanelli), Mar Egeo, Turchia (Impero Ottomano). La città di Gallipoli si trova sulla sponda europea dello Stretto dei Dardanelli.
Il Patto di Londra
Nel 1915, quando in Italia maturò la volontà di entrare in guerra a fianco della Triplice Intesa, fu stipulato segretamente a Londra un Patto che impegnava l'Italia ad entrare in guerra entro un mese; il Patto di Londra, siglato il 26 aprile, prevedeva, come risarcimento per l’impegno bellico italiano, la consegna a fine guerra di Trento e dell’Alto-Adige, di Trieste e di Gorizia, dell’Istria e della Dalmazia. Così il 24 maggio di quell’anno l'Italia entrava in guerra.
26 Aprile 1915Il transatlantico Lusitania è affondato da un U-boat tedesco
video
Nel video:
- La micidiale azione dei sottomarini tedeschi.
- La battaglia sottomarina indiscriminata, portata avanti dai Tedeschi a partire dal 1917, contro qualsiasi nave per impedire ogni rifornimento economico ai Paesi dell’Intesa e all’Inghilterra prima di tutto. altro video: L'affondamento del Lusitania
L'Italia dichiara guerra all'Austria
Nel 1915, quando in Italia maturò la volontà di entrare in guerra a fianco della Triplice Intesa, fu stipulato segretamente a Londra un Patto che impegnava l'Italia ad entrare in guerra entro un mese; il Patto di Londra, siglato il 26 aprile, prevedeva, come risarcimento per l’impegno bellico italiano, la consegna a fine guerra di Trento e dell’Alto-Adige, di Trieste e di Gorizia, dell’Istria e della Dalmazia. Così il 24 maggio di quell’anno l'Italia entrava in guerra.
L'Italia allo scoppio della 1^ Guerra Mondiale nel 1914 non entrò immediatamente nel conflitto sfruttando una clausola del Trattato della Triplice Alleanza per dichiararsi temporaneamente neutrale (il Trattato aveva natura prettamente difensiva, in sostanza ogni Stato aderente avrebbe dovuto aiutare gli altri solo in caso di attacco ed il conflitto aveva invece preso origine dall'ultimatum dell'Austria- Ungheria ed il suo conseguente attacco alla Serbia).
L'Italia, dunque, rimase neutrale per un anno, mentre si sviluppava la discussione politica tra Interventisti, che erano per l'immediato ingresso in guerra e Neutralisti, i quali erano assolutamente contrari ad un conflitto.
Gli Interventisti erano costituiti da diversi gruppi politici o culturali. I Nazionalisti volevano che l'Italia conquistasse le terre italiane ancora sotto il dominio straniero, e consideravano la guerra strumento necessario per l'affermazione del prestigio italiano. Gli Irredentisti si richiamavano ai valori risorgimentali: ciò che contava era l'Unità della Patria; è chiaro dunque che un conflitto con l'Austria-Ungheria doveva essere inevitabile per togliere loro le terre italiane che ancora gli Austriaci occupavano: Alto Adige, la zona di Trento, la Venezia Giulia con le città di Trieste e Gorizia.
Moltissimi giovani intellettuali si fecero conquistare dalla propaganda interventista, portata avanti dai Futuristi e, con grande forza, da Gabriele d'Annunzio, che iniziò una campagna infuocata per l’intervento contro gli Imperi centrali.
Lo schieramento neutralista comprendeva i Giolittiani, i Socialisti e i Cattolici.
Le posizioni del vecchio politico e ministro Giolitti si possono sintetizzare con il concetto che la guerra sarebbe stata lunghissima, sarebbe durata almeno tre anni ed il nostro fronte avrebbe incontrato difficoltà formidabili. Egli era convinto che l'Impero Austro Ungarico fosse destinato a dissolversi e sarebbe stato più saggio aspettare tale evento senza forzare la situazione.
I Cattolici erano politici di ispirazione religiosa; c'erano vari motivi che spiegano il loro neutralismo. Forse il più importante fu lo stretto legame della Chiesa con il mondo contadino, il quale per tradizione era sempre stato contrario ad ogni conflitto.
I Socialisti italiani erano un altro gruppo di neutralisti convinti. Essi sostenevano che la guerra era sempre stata la causa di tutti i problemi del mondo perché portava fame e povertà, soprattutto per i lavoratori e gli operai.
Alla fine ebbero la meglio le tesi degli interventisti.Nel 1915, dunque, quando in Italia maturò la volontà di entrare in guerra a fianco della Triplice Intesa, fu stipulato segretamente a Londra un Patto che impegnava l'Italia ad entrare in guerra entro un mese; il Patto di Londra, siglato il 26 aprile, prevedeva, come risarcimento per l’impegno bellico italiano, la consegna a fine guerra di Trento e dell’Alto-Adige, di Trieste e di Gorizia, dell’Istria e della Dalmazia. Così il 24 maggio di quell’anno l'Italia entrava in guerra.
La battaglia di Verdun
Se non avete visto Verdun, non avete visto niente della guerra.
La battaglia di Verdun costò 700.000 morti tra i due eserciti contendenti e, come tutte le battaglie della I Guerra Mondiale, non fruttò alcun particolare vantaggio territoriale.
I tedeschi attaccarono in grandi forze nel febbraio del 1916: vennero sganciati circa 2 milioni di proiettili nelle sole prime nove ore di combattimento, il 21 febbraio. L’offensiva tedesca fu efficace per circa sei mesi, tanto che conquistarono i forti posti a difesa della città di Verdun (forte Douaumont e forte Vaux); in questa occasione gli attacchi fecero largo uso di gas e lanciafiamme.
I francesi in un primo tempo presero la decisione di lasciare la riva destra del fiume Mosa ai tedeschi, ma poi cambiarono idea e decisero di combattere sino allo strenuo.
Accorsero al fronte fino a 20.000 uomini al giorno: fu una carneficina. Ma a partire dal mese di luglio, la battaglia della Somme indebolì l'armata tedesca. I francesi lanciarono quindi una controffensiva e i forti Douaumont e Vaux furono nuovamente riconquistati. Si è calcolato che sul forte Douaumont furono scaricate due bombe di obice ogni metro quadro.
Fu una battaglia terribile il cui significato fu ad un certo punto solo simbolico: nessuno voleva cedere, anche se l’importanza strategica era relativa: si poteva benissimo retrocedere di qualche chilometro oppure perdere la città; non sarebbe cambiato molto dal punto di vista strategico, ma l’onore sembrava più importante delle migliaia di morti... "Se non avete visto Verdun, non avete visto niente della guerra" divenne il triste motto dei reduci di questa campagna militare.
La Strafexpedition
La Battaglia degli Altipiani
Gli austro-ungarici da diversi mesi, sin dalla fine del 1915, stavano maturando l’idea di organizzare una grande spedizione contro l’Italia; questa spedizione fu battezzata con il nome di Strafexpedition (spedizione punitiva, per il "tradimento" della stipula del Patto di Londra, che aveva portato l’Italia ad abbandonare la Triplice Alleanza per passare dalla parte della Triplice Intesa).
[Vedi la Mappa del Fronte Italiano].
La battaglia navale dello Jutland
La flotta inglese assicura il blocco marittimo della Germania e attende il momento opportuno per uno scontro decisivo. Questo avviene il 31 maggio 1916 al largo della Danimarca. I mezzi impiegati sono considerevoli, le perdite notevoli, e nessuno può veramente considerarsi vincitore.
31 Maggio 1916 — 2 Giugno 1916La battaglia della Somme
La battaglia sul fiume Somme, ingaggiata dagli Alleati (Inglesi e Francesi) per alleggerire la pressione su Verdun, durò circa cinque mesi, dal 1 luglio 1916 al 13 novembre; anche in questo caso vi furono un numero esorbitante di morti e feriti: 550.000 per inglesi e francesi contro i 300.000 tedeschi. Le acquisizioni territoriali non furono definitive e non superarono comunque mai i dieci chilometri in profondità nel campo avverso.
1 Luglio 1916 — 13 Novembre 1916Ritirata dei tedeschi dietro la Linea Hindemburg
La "Linea Hindemburg" o "Sigfrido" fu costruita dai tedeschi nell’inverno del 1916-1917. Essi presero la decisione di creare questo sistema difensivo per preparare una eventuale ritirata, dopo la fine della battaglia sulla Somme. Poiché la Linea Hindemburg accorciava il fronte di ben 50 chilometri, un ripiegamento delle forze dietro questo bastione avrebbe permesso di recuperare addirittura tredici divisioni, da adibire alla difesa e al contrattacco. La ritirata, denominata "Operazione Alberico", fu effettuata a partire dal 3 febbraio 1917; tutta la zona compresa tra il vecchio ed il nuovo fronte fu resa "terra bruciata".
[Vedi anche la Carta del Fronte Occidentale]
Gli Stati Uniti dichiarano guerra alla Germania
Gli USA entrarono nel Primo Conflitto Mondiale il 6 aprile del 1917. Il loro ingresso in guerra fu provvidenziale per i Paesi della Triplice Intesa in quanto da marzo era venuto loro meno l’appoggio della Russia, a seguito della Rivoluzione in atto in questo Paese; la Russia quindi aveva firmato una pace separata a Brest Litvosk, ritirando tutte le proprie truppe.
25 Aprile 1917Gli Stati Uniti apportarono nuove dotazioni belliche, un congruo numero di soldati e soprattutto forze fresche. Si pensi che i soldati europei di entrambi gli schieramenti erano impegnati in una guerra di logoramento nelle trincee da ormai tre anni. La fame, il freddo, malattie ed epidemie avevano decimato ed indebolito notevolmente gli eserciti, oltre che minato lo spirito.
Alla fine del conflitto i soldati americani impiegati in guerra furono 1.750.000, ben oltre 4 milioni furono comunque quelli che erano stati movimentati in patria.
Perché gli USA entrarono in guerra? Alcuni hanno voluto trovare la causa nell’affondamento del transatlantico Lusitania, avvenuto nel 1915, ad opera dei sottomarini tedeschi. Su questo transatlantico viaggiavano anche centinaia di passeggeri civili americani, tutti morti.
In realtà questo episodio va inserito in un quadro più ampio: la rinnovata battaglia sottomarina indiscriminata, portata avanti dai Tedeschi, contro qualsiasi nave (da guerra o commerciale che fosse, qualunque fosse la bandiera e la nazionalità) al solo fine di impedire ogni rifornimento economico ai Paesi dell’Intesa e all’Inghilterra prima di tutto.
La guerra sottomarina minacciava da vicino i commerci degli Stati Uniti che avevano fatto del rifornimento ai Paesi dell’Intesa una delle loro principali attività, tanto che proprio grazie a questo ingente flusso di scambi commerciali gli Usa erano riusciti ad uscire da una grave crisi che aveva colpito la loro economia.
La battaglia di Caporetto
Il 28 ottobre, dopo appena quattro giorni di combattimento gli austro-ungarici entrarono a Udine; di fatto l’intero fronte era crollato.
[Vedi anche la Mappa del Fronte italiano].
La battaglia di Cambrai
La battaglia di Cambrai si ricorda per due aspetti: l’utilizzo coordinato, massiccio e continuato dei carri armati da parte inglese e i 45.000 uomini che rimasero sul terreno. L’offensiva fu decisa dal comando inglese perché in questa zona era situata la base logistica dei sommergibili tedeschi, che stavano portando avanti una strenua guerra sottomarina. Gli inglesi non riuscirono però a piegare la resistenza tedesca e quindi anche questa offensiva si risolse con un nulla di fatto.
[Vedi la Carta del fronte occidentale].
Russia e Germania: Trattato di Brest-Litovsk
La Russia partecipa alla Prima Guerra Mondiale a fianco della Triplice Intesa, ma ben presto essa subisce uno spaventoso numero di morti al fronte. Per questo motivo, unitamente alle condizioni penose in cui continuavano a vivere contadini ed operai, nel febbraio del 1917 scoppia una prima rivoluzione, durante la quale lo zar viene arrestato. Pochi mesi dopo, precisamente nell'ottobre del 1917, scoppia la rivoluzione bolscevica, guidata da Lenin (la Rivoluzione più famosa, quella che è passata alla storia come la "Rivoluzione d’ottobre"; le guardie rosse, guidate da Trotskij, assaltano il "Palazzo d'inverno", sede del governo, ed instaurano la dittatura del proletariato, attraverso il governo dei soviet.
In questo frangente viene applicato il programma politico di Lenin che prevede anche la pace immediata. Il trattato di pace, con la quale la Russia uscirà dalla Prima Guerra Mondiale, è firmata a Brest Litvosk, nel marzo del 1918, con gravi perdite territoriali per la Russia, pari a quasi un quarto del suo territorio.
Offensiva tedesca del 1918
Tra marzo e luglio del 1918 i tedeschi concentrarono i loro massimi sforzi sul fronte occidentale francese, sferrando ben quattro consecutivi assalti. Ciò fu reso possibile anche grazie alla pace firmata con i russi a Brest Litvosk; in questo modo il fronte orientale era venuto meno ed era stato possibile spostare ingenti truppe sia sul fronte occidentale che su quello meridionale (ai confini con l’Italia). I tedeschi con queste offensive arrivarono molto vicino a Parigi, che sembrava dover capitolare da un momento all’altro. Un disperato contrattacco francese, però, riuscì a fermare i tedeschi che si ritirarono, attestandosi dietro la Linea Hindemburg.
18 Marzo 1918 — 1 Luglio 1918Offensiva alleata dei 100 giorni
Le quattro guerre della primavera-estate 1918 erano costate ai tedeschi un enorme numero di vite umane, ma anche un ingente dispendio di energie e mezzi; l’apparato militare e tecnologico era stato quasi azzerato e le prime defezioni nel campo degli Imperi centrali si stavano concretizzando: la Bulgaria, ad esempio, il 5 settembre chiese l’armistizio, aprendo una falla nella difesa del fronte più meridionale.
L'8 agosto 1918, la "giornata nera" dell'esercito tedesco, ad Amiens si svolse una battaglia, caratterizzata da un grande impiego di carri armati, che vide gli Alleati avanzare su un fronte di 35 km.
I Francesi, gli Inglesi e gli Americani quindi, a partire dal 26 settembre, ripresero l'offensiva in grande stile. In pochi giorni la linea difensiva tedesca cedette. I Tedeschi proposero un armistizio il 3 ottobre, ma gli Alleati volevano una resa senza condizioni.
Nel frattempo anche sul fronte meridionale l’Italia stava sferrando un attacco in forze, iniziato il 24 ottobre. Per i Tedeschi e gli Austro-Ungarici non rimaneva che accettare le condizioni imposte dal nemico e quindi l’11 novembre si firmò l’armistizio imposto con la forza delle armi. Il Kaiser Guglielmo II abdicava, recandosi in esilio, mentre i soldati potevano deporre le armi; dopo quasi cinque anni di un’immane carneficina il Fronte occidentale finalmente si chiudeva al rumore della guerra.
Vittorio Veneto
La battaglia di Vittorio Veneto segnò per l’Italia la rivincita sull’Austria-Ungheria, dopo la disfatta di Caporetto e portò alla resa dell’Impero, mettendo fine alla guerra sul fronte italiano.
[Vedi la Mappa del Fronte Italiano].
Italia e Austria: L'armistizio (patto di Villa Giusti)
L'armistizio (patto di Villa Giusti) entra in vigore il 4 novembre 1918. Termina così la guerra sul fronte italo - austriaco, pochi giorni prima della conclusione generale del conflitto, che vede il crollo della Germania e dell'Impero austro - ungarico.
Per l’Italia le fasi conclusive del conflitto si tennero nella zona del Veneto. La battaglia di Vittorio Veneto segna per l’Italia la rivincita sull’Austria Ungheria, dopo la disfatta di Caporetto dell’anno precedente e porta alla resa dell’Impero che di lì a poco firmerà la pace, mettendo fine alla I Guerra Mondiale.
I soldati italiani attestati sulla linea del Piave il 24 ottobre 1918 (esattamente un anno dopo la battaglia di Caporetto) partono al contrattacco, sfondano le linee nemiche e si dirigono verso nord in Valdastico fino a raggiungere la cittadina di Vittorio Veneto: è il 4 novembre 1918 e gli Austroungarici firmano la resa a Villa Giusti, presso Padova.
Fu più la fame e l’esaurimento delle forze a piegare gli Austriaci piuttosto che la nostra potenza di fuoco, ma la guerra era stata improntata sin dall’inizio al logoramento delle forze in campo, non importava quanti morti, feriti, mutilati, invalidi e dispersi essa potesse causare.
La Germania firma l'armistizio con gli Alleati – Data ufficiale della fine della Prima Guerra Mondiale
La Grande Guerra si concluse nel novembre del 1918 tra enormi sofferenze di eserciti giunti allo stremo, falcidiati da malattie e fame. Il numero di soldati morti è impressionante.
Germania: 1.750.000; Russia: 1.700.000; Francia: 1.350.000; Austria: 1.200.000; Inghilterra: 750.000; Italia: 600.000; Serbia: 368.000 (la nazione che ha avuto più vittime in proporzione alla popolazione); USA: 125.000.
La guerra era durata quasi cinque anni, durante i quali gli eserciti si erano affrontati in un conflitto improntato al logoramento, una guerra di posizione con gli uomini a combattersi per la conquista di poche centinaia di metri, asserragliati, verrebbe da dire "sepolti", nelle trincee.
Fin dal 1917 entrambi i fronti e tutti gli eserciti avevano conosciuto il fenomeno della diserzione, della fuga dal fronte e dell’ammutinamento di interi battaglioni.
Ultimi tra gli ultimi erano i prigionieri di guerra. Ogni esercito in campo aveva catturato soldati nemici, che fare di loro? Nascono i primi Campi di concentramento, ove vengono ammassati tutti i prigionieri, spesso feriti, manca il cibo per le truppe. In questi campi si moriva per denutrizione, quasi un lugubre antecedente di ciò che sarebbe avvenuto nei campi di sterminio nazisti.
Conferenza di pace di Parigi - Trattati di pace - 1919/1920
La pace firmata a Versailles il 28 giugno 1919 mise fine alla Prima Guerra Mondiale. Questa pace è stata definita dagli storici una pace punitiva nei confronti degli sconfitti, cioè essenzialmente nei confronti della Germania e dell'Austria-Ungheria. In riferimento al trattato di Versailles imposto alla Germania, si usò per la prima volta il termine diktat.
*Diktat:Ordine senza nessuna possibilità di discussione (trattato di pace, armistizio, resa, etc.)
Nel Trattato di Saint-Germain venne stabilita la ripartizione del dissolto Impero Austro-Ungarico e le condizioni per la creazione della repubblica austriaca.
Nascita di nuovi stati: la repubblica d'Austria, il regno di Ungheria, la repubblica della Cecoslovacchia, il regno dei Serbi, Croati e Sloveni (Jugoslavia), la repubblica di Polonia, la repubblica di Lituania, la repubblica di Estonia, la repubblica di Lettonia, la repubblica di Finlandia. L'Italia ottenne, come era stabilito nel patto di Londra: il Trentino e l'Alto Adige fino al Brennero, Trieste e l'Istria.
L’Italia partecipò alla conferenza di pace di Versailles (gennaio 1919- gennaio 1920) con il ministro degli Esteri, Sydney Sonnino e il presidente del Consiglio, Vittorio Emanuele Orlando.
Trento e l’Alto-Adige, Trieste e Gorizia, l’Istria e la Dalmazia: questo era ciò che era stato promesso all’Italia con il Patto di Londra. Ma i governi di Londra, Parigi e New York ora erano contrari a consegnare la Dalmazia all'Italia.
Sonnino non intendeva cedere sulla questione Dalmazia; Orlando, disposto a rinunciare a questo territorio, richiedeva l'annessione di Fiume, visto che era abitata da una maggioranza di cittadini italiani (richiamandosi così all’impostazione data dai Quattordici punti di Wilson). Questa divisione tra i nostri rappresentanti politici portò l’Italia ad una situazione di stallo e creò le premesse per la spedizione di Fiume.
Infatti il 12 settembre 1919, una forza volontaria irregolare di nazionalisti ed ex-combattenti italiani composta da circa 2500 legionari, guidata dal famoso poeta Gabriele d'Annunzio, partita da Ronchi di Monfalcone (ora Ronchi dei Legionari in ricordo dell'impresa di Fiume), occupò la città e fondò uno Stato definito "Reggenza Italiana del Carnaro". Il governo italiano disapprovò l'operato di D'Annunzio, ma di fatto non fece intervenire l’esercito.
Il 26 ottobre 1919 a Fiume fu indetto un referendum, cui parteciparono 7155 cittadini fiumani; ben 6999 si dichiararono favorevoli all’annessione all’Italia.
Le potenze europee intanto ammonirono l’Italia affinché ponesse fine a quell’avventura. Il Presidente del Consiglio però prese tempo, c’erano le elezioni politiche e non voleva perdere consensi tra l’elettorato. D’Annunzio ne approfittò e si inventò un’altra spedizione, questa volta verso la città di Zara, che venne conquistata il 19 novembre 1919. Svolte le elezioni vi fu un cambio di Governo e il nuovo Presidente del Consiglio, Giolitti, denunciò subito le proprie intenzioni: D’Annunzio doveva sgombrare Fiume. Siamo ormai al 12 di novembre del 1920. Con il Trattato di Rapallo Giolitti e i rappresentanti degli Stati vincitori assumono le seguenti decisioni: Dalmazia allo Stato della Jugoslavia, Zara (occupata da D’Annunzio) all’Italia e Fiume città libera ed indipendente (il 27 gennaio 1924 un accordo tra Italia e Jugoslavia sancì l'annessione di Fiume al Regno d'Italia). *La denominazione "Jugoslavia" venne adottata il 3 ottobre 1929. Dal 1º dicembre 1918 alla data sopra indicata, questo Stato ebbe nome "Regno dei Serbi, dei Croati e degli Sloveni".
A dicembre il generale Caviglia venne inviato a Fiume per liberare la città. D’Annunzio dichiarò che sarebbe stato un Natale di sangue ma, ai primi colpi di cannone che piovvero sul palazzo della sede del Governo fiumano, si arrese e alla testa dei suoi Legionari, tutti vestiti di camicia nera, abbandonò la città.